venerdì 9 settembre 2016

A LOVE SUPREME




UN AMORE SUPREMO
(album di John Coltrane)

Come una qualsiasi tribù d’Africa
o d’America
i quattro officianti radunano i loro oggetti sacri,
si dispongono in cerchio,
lo sguardo verso i fedeli (ed i miscredenti)
seduti in attesa.
Il sacerdote, alto ed imponente,
dà il via alla ritmica ed inizia il canto.
Dal suo strumento dorato estrae
una voce potente, decisa.
La musica è vitale, aggressiva,
ma sembra non muoversi:
sta cercando la strada per arrivare a Dio
ed è una strada contorta,
cercata scivolando tra i ghetti di Harlem,
superando le barriere del razzismo, della droga,
della disgregazione.
Una voce aspra sta officiando un canto a Dio,
di speranza disperata.
E le note si cercano per indicarsi la via, incerte,
poi lentamente si ripetono come salmodianti:
DA DA DA DA, DA DA DA DA,
A LOVE SUPREME, A LOVE SUPREME.
Un amore supremo.
E via via a ripetersi in una spirale sempre
più rovente e vitale:
la ripetitività di tutte le musiche religiose
a diretto contatto con l’improvvisazione jazz.
Uno scontro ed un incontro
per una musica che non è consolatoria,
anche se vuole consolare.
Per una musica che lotta per arrivare alla pace
interiore, ma che lo fa contro tutto l’ambiente esterno.
E c’è spazio anche per gli altri officianti
con i loro interventi più pacati ma pieni di vigore:
ormai siamo alla fine, pensano i fedeli.
Invece come se tutto quello detto fino a quel momento
fosse stato solo una preparazione, s’innalza un pianto.
La voce di tutta l’umanità che soffre, ruggisce
nel pianto virile, di speranza ed incertezza
del finale che si chiama SALMO ma che è la voce
più commossa e commovente che si rivolge a Dio,
da decenni a questa parte. Il ruggito
dell’animale ferito, la speranza dell’umile che cerca
la strada con una voce di rabbia non ancora sedata.
I tamburi picchiano forte,
il sax emette gli ultimi lamenti.
La messa è finita.

poesia e disegno di
Alberto Arienti

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